La prima volta che mi sono auto procurata il vomito, mi ero sentita dire, che sarebbe stato meglio se fossi morta io al posto di mia cugina Viviana.
Avevo diciannove anni e mi sentivo sempre inadeguata verso il mondo.
Non rappresentavo l’idea e le aspettative, che gli altri avevano, verso di me.
Ma quella sensazione, dopo aver vomitato, di svuotamento, di alleggerimento, mi lasciava una sensazione di benessere.
La bulimia non prese subito il sopravvento su di me.
Si è insinuata piano piano nella mia vita.
In modo subdolo si è fatta strada. É diventata la mia compagna di viaggi.
É così, non ho iniziato solo ad abbuffarmi e a vomitare solo quando mi sentivo in colpa per essere ancora viva al posto di mia cugina (era solo una bambina di undici anni quando è stata portata via dalla leucemia), ma ho iniziato a vomitare per ogni insuccesso.
Un esame non superato brillantemente.
Una discussione con mia madre.
Una battuta infelice del mio ragazzo dell’epoca.
Mi abbuffavo, riempivo un vuoto e rovesciavo nel cesso il mio dolore e la mia frustrazione.
Dopo mi sentivo bene, ero io che controllavo le mie emozioni.
Ovviamente non era così, io ero schiava delle mie emozioni e della mia sensibilità, che si era trasformata in fragilità. E così, dopo la diagnosi di Diego, la presenza della bulimia tornò a farmi visita.
Perchè non mangi? Perché non ti abbuffi? La cioccolata ti aiuterà a superare questo momento.
Tu ne hai bisogno. Ora hai bisogno di questo.
Puoi controllarlo. Puoi gestirlo. Lo decidi tu.
Ero diventata come una tossico dipendente.
Avevo passato otto anni da ragazza a vomitare due volte al giorno (otto anni), ora stavo ricominciando. Ma il fatto di non farlo tutti i giorni, lo rendeva meno grave...era tollerabile ai miei stessi occhi. Tutto questo, me lo dicevo da sola ovviamente.
Ci sono voluti diversi anni, prima che lo tirassi fuori con la nostra psicologa.
E ne sono passati altri, prima che mi rendessi conto che potevo uscire da questo tunnel.
Durante il lockdown, Diego aveva delle crisi terribili e io non potevo fare altro che accanirmi su me stessa...di nuovo non ero abbastanza brava, non ero all’altezza della situazione, forse non ero una brava madre.
E cucinavo dolci. E poi li vomitavo.
Lo stomaco quasi non lo sentivo più dai dolori che mi procurava questa pratica malsana.
Ogni tanto mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo.
Perdonami per quello che ti sto facendo
Scusami...non riesco ad uscirne
Poi passerà...
Me lo ripetevo da sola e a volte nemmeno riuscivo a guardarmi in faccia.
Poi di nuovo è passato. E ho creduto di essere cambiata. O meglio, ho accettato questa parte di me. Alla fine anche chi fumava aveva un vizio no? Io non riuscivo a gestire il cibo...potevo martoriarmi per questo?
Non volevo accettare che fosse un problema e non volevo capire che dovevo farmi aiutare.
Poi è arrivato il mio esaurimento ad ottobre e lì, ho trovato una chiave di svolta.
Passavo giornate dove non mangiavo nulla e quando mangiavo vomitavo.
Questa volta però, in modo molto più grave.
Perché non vomitavo più, ficcandomi due dita in gola.
Avevo iniziato a vomitare spontaneamente.
Mangiavo e mi veniva da tossire e quando davo due colpi di tosse, il vomito risaliva e mi bruciava tutto.
Mi devastava dentro.
Mi sentivo in trappola.
Un giorno però, ho incrociato gli occhi di mia figlia che piangeva, perché non accettava il suo corpo. Si vedeva grassa e voleva dimagrire. E non era assolutamente questa la realtà, era assolutamente normopeso.
Cosa posso fare mamma? Voglio essere magra
Come se essere magri, possa essere il requisito fondamentale, per poter essere felici!
Allora mi sono profondamente vergognata, del pessimo esempio che stavo dando.
E ho capito che dovevo smettere di tollerare questo disturbo.
Mia figlia non avrebbe mai dovuto passare dal mio stesso inferno.
La bulimia è un disturbo alimentare. E si può curare.
Non da soli però, bisogna farsi aiutare.
Da quel giorno, ho intrapreso un percorso con più specialisti... psicologa, osteopata e nutrizionista e ho iniziato ad accettarmi.
E a comprendere che non posso essere perfetta.
E non posso essere nemmeno quello che gli altri vogliono.
Posso solo cercare di essere la versione migliore di me stessa (cit. Valentina).
Avrò sempre nuove sfide da affrontare, ma non posso più devastare il mio corpo (e soprattutto la mia anima) così. Ho guardato le mie ali malconce e ho capito che potevo volare lo stesso, che potevo rinascere.
Ed oggi sono qui, per dirvi che non c’è solo l’autismo con cui confrontarsi e convivere, ognuno di noi, ogni famiglia, ogni mamma, si deve confrontare anche con le proprie battaglie interiori.
Le proprie debolezze.
Per questo è importante parlarne.
Perché le mie parole, magari serviranno a qualcun altro, per non commettere i miei stessi errori.
Noi non siamo eroine, non siamo super mamme.
Ognuna di noi ha un percorso e cerchiamo di affrontarlo nel miglior modo possibile.
Io sto iniziando la mia “terza vita”. Sicuramente morirò e crollerò altre volte.
Ma affronterò le situazioni senza infliggermi altre punizioni.
Voglio chiedere scusa a me stessa per tutto il tempo perso, per il coraggio che mi è mancato di cambiare le cose prima.
Ma ora mi sono ritrovata e saprò sorreggermi da sola quando ne avrò bisogno.
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