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Il racconto "Una magia di Natale per Diegosauro"

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Scarica gratuitamente il racconto in 3 formati:

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Diego era molto piccolo al momento della diagnosi, aveva due anni e mezzo.

Non parlava, non indicava, non imitava. Non comunicava in nessun modo.

Dormiva pochissimo e spesso quando si addormentava aveva degli incubi notturni.

Ricordo ancora quelle grida che non riuscivo a placare in nessun modo e che, nel silenzio della notte, mi facevano sentire impotente.

Oltre a Diego, anche Viviana era piccola, aveva cinque anni circa.

Anche per lei era difficile comprendere perché quel fratellino, tanto desiderato, non solo non fosse minimamente interessato a giocare con lei, ma era a volte aggressivo e aveva delle crisi che la spaventavano.

Sono stati periodi molto difficili e, non mi vergogno a dirlo, mi sentivo molto inadeguata nel ruolo di madre. Non era così che me lo ero immaginato (non veniamo cresciuti tutti con immagini di illusioni perfette?). E ovviamente questo scatenava in me grandi sensi di colpa.

Un giorno però Diego iniziò a manifestare un interesse.

I dinosauri. 

E così, da quel momento, questi esseri preistorici iniziarono a creare un ponte comunicativo tra lui e noi.

Il mondo di Diegosauro è nato una notte di tanti anni fa.

Valentina Marinaccio era già la nostra logopedista e fu lei a suggerirmi di utilizzare il racconto per stimolare la comunicazione con Diego.

Così, una di quelle notti insonni, con Diego in braccio che piangeva e Viviana sul divano che richiedeva le mie attenzioni, ho iniziato a creare dei racconti.

Racconti che dapprima mi servirono per spiegare a Viviana il perché di certe caratteristiche di suo fratello e con il tempo catturarono anche l’interesse di Diego.

Il mondo di Diegosauro ha iniziato a prendere forma, notte dopo notte.

Dal divano siamo riusciti a passare al lettone.

Viviana è diventata parte attiva nel racconto: io iniziavo e lei completava.

E Diego, dopo qualche anno, ha iniziato a vocalizzare e a ripetere SAURO durante il racconto.

So che questo può sembrare solo una semplice storiella, una delle tante.

Ma per noi avrà sempre un significato diverso.

È la nostra storia.

​

Viviana e Diego dinosauri
Viviana e Diego dinosauri

Oggi la condivido per cercare di fare la mia parte nel portare avanti un ideale di “inclusione”.

So che in questo momento ci saranno tante altre famiglie come la mia, che vivranno le stesse situazioni. Famiglie che si ritroveranno sole, con una diagnosi in mano.

Donne che perderanno il lavoro, come è successo a me. Famiglie che non reggeranno e che si divideranno invece di prendersi per mano.

Ma la colpa non è e non sarà mai della diagnosi.

Vostro figlio o vostra figlia non sono una diagnosi.

Ricordatevi sempre che c’è altro. Molto altro.

L’autismo è una delle loro caratteristiche. Non è la loro etichetta.

Non è il loro limite. Non è la nostra condanna.

I nostri figli sono pieni di risorse e meritano la nostra fiducia.

Meritano che tutti noi uniamo le nostre forze, per cambiare questa visione che il mondo ha deciso di destinare loro. 

Questo è il problema: come viene vista la disabilità. Non la disabilità in sé.

Sono convinta che, se ognuno di noi muovesse un piccolissimo passo, cambierebbe qualcosa. Spesso mi chiamano Don Chisciotte perché sembra sempre che lotti contro i mulini a vento. Mi dicono che vivo in un mondo popolato da unicorni, che quello che vorrei per i nostri figli è pura utopia. Impossibile da realizzare.

In questa ricerca, di un mondo con le stesse opportunità per tutti, cado molte volte. 

Spesso vado in pezzi. Una volta mi riattaccavo con lo scotch e cercavo di andare avanti. 

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Ora ho imparato a trovare la luce dalle ferite. 
Kintsugi.

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I giapponesi usano questa tecnica per rimettere insieme i pezzi rotti. Li riparano con l’oro.

“Ciò che è rotto può essere ricomposto e, quando lo farai, non cercare di nascondere la sua apparente fragilità giacché si è trasformata in una forza manifesta”

Ho imparato a non nascondermi più. A non nascondere le mie fragilità. Le mie paure.

Troppi di noi, troppi genitori si nascondono ancora come se davvero ci fosse qualcosa da nascondere.

Se iniziassimo invece a non classificare più la diversità, intesa in ogni modo (alto, basso, magro, grasso, etero, gay…) e se iniziassimo dalle scuole a non etichettare i bambini (“il mio alunno HC”), allora, sicuramente qualcosa inizierebbe a cambiare.

Un piccolo microscopico cambiamento oggi… un piccolo cambiamento domani… un cambiamento.

Voglio crederci.

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Questo piccolo racconto racchiude il percorso di una famiglia.

Spero che possa arrivare in tante case e in tante scuole con lo scopo di piantare un piccolo germoglio di riflessione.

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Provate a continuare il racconto di Natale.

Coinvolgete gli alunni. Giratelo alle famiglie.

Che cosa fareste voi al posto degli abitanti del villaggio?

Ho trovato nel Gruppo Editoriale ELi il terreno fertile dove poter provare a far crescere la piantina dell’inclusione scolastica.

È una pianta difficile da coltivare e ha bisogno delle attenzioni di molte mani.

Ha bisogno di nutrirsi di pensieri diversi, ha bisogno della luce che solo la collaborazione può dare.

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Io resto qui nel campo e ogni giorno cerco di fare e di sporcarmi le mani con la terra.

Mi impegno per fare la mia parte.

Aspetto fiduciosa che qualcuno si unisca a me.

Vorrei vedere fiorire, un giorno, un giardino per tutti i nostri bambini e per tutte le nostre bambine.

​

Sonia.

Partecipa al concorso letterario 2024 per ragazzi "Una magia di Natale per Diegosauro"

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