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Lasciate ogni speranza o voi che entrate

La diagnosi e la visita INPS

Dalla visita foniatrica del 14 dicembre 2014, è passato ancora diverso tempo prima che si arrivasse alla diagnosi (e da quello che ho capito in seguito sono anche stata fortunata perché ci sono famiglie che aspettano anni).

Il primo compito che mi affidò il foniatra, fu quello di filmare Diego.

Qualsiasi cosa, mentre mangiava, mentre cercava di giocare, mentre era perso nei suoi pensieri.

Qualsiasi cosa.

Il Natale del 2014 lo ricordo veramente con grande fatica...mentre gli altri giocavano felici con i loro figli, io la mattina di Natale ero a filmare Diego per poter far vedere ai dottori il suo grado di disabilità.

Ricordo un video lunghissimo (tipo un'ora) dove lui per tutto il tempo schiacciava un pulsante, su una nave dei pirati e faceva uscire il coccodrillo.

Un'ora così, io a filmare con il cuore in lacrime e lui che eseguiva meccanicamente questo gesto ripetitivo.

Dopo le feste smise completamente di usare la mano sinistra.

Era proprio come se non l'avesse.

E doveva sempre tenere un oggetto in questa mano...se per caso lo perdeva erano crisi terribili.

Inizialmente, poteva essere qualsiasi oggetto (ricordo una piccola melanzana e una banana) poi quando arrivò la passione per i dinosauri, divennero a giro vari t- rex e triceratopi.

A maggio dopo varie visite, la NPI ci fece la relazione per poter fare la visita per l'invalidità e la 104.

Con quella riuscimmo anche a metterci in lista per le prime terapie.

La diagnosi è formulata su una relazione che tiene conto di aspetti oggettivi e dei vari test che vengono eseguiti dagli specialisti.

A questo fanno seguito una serie di codici, sconosciuti ovviamente ai comuni mortali.

Ma dei codici mi importava poco, la cosa principale per me era partire al più presto con le terapie, perché l'unica cosa che avevo ben compreso era che bisognava essere tempestivi.

La NPI (neuropsichiatra infantile) disse “tutto quello che fa entro i sei anni darà buone possibilità di recupero. Dopo diventa difficile”.

É stato questo a farmi essere operativa.

Dovevo essere rapida, non avevo tempo per disperarmi o cedere alla depressione.

Non avevo tempo.

Ho scoperto il vero significato di quella sigla che ci avevano assegnato il giorno della visita inps.

La diagnosi l'ho avuta a maggio e la visita ad ottobre.

ICD – 10 f84.9 sembra il codice di un robot o simile (mi ricordava C18 di guerre stellari).

DISTURBO EVOLUTIVO GLOBALE NON SPECIFICATO, questo è il suo significato. 

Non riesco a ricordare niente di più orribile di quella visita.

Ero lì in sala d'aspetto in mezzo a tante famiglie con lo sguardo spento, in attesa che degli estranei classificassero il grado di handicap di mio figlio.

Non si può capire se non lo provi sulla tua pelle.

Tocca a noi...

“QUESTO è grave dategli tutto”

Questo...ma di chi stavano parlando? Di Diego?

Quattro medici erano seduti davanti a me, uno (il superiore probabilmente) in un angolo con il telefonino in mano.

Non aveva nemmeno alzato la testa, stava messaggiando con il telefono.

Questo è grave....

E io come una stupida “ma sta parlando a noi?”

E certo con chi poteva parlare.

Credo che Diego abbia percepito una certa ostilità o meglio una totale mancanza di empatia.

Eravamo lì per una cosa difficile da affrontare, non stavamo andando in gita.

Nemmeno un sorriso, un buongiorno.

Eppure c'erano anche delle donne...magari erano mamme, come facevano a non capire come potevamo sentirci?

Diego girava per la stanza come una trottola, ringhiando come un dinosauro.

“Signora ma è così anche a casa?”

A distanza di anni non ho mai capito questa frase

Cosa voleva dire? Diego era così, stavano valutando dei bambini autistici e non sapevano niente.

“E lei lavora?....ma come fa signora?”

E cosa avrei dovuto fare? Mi sembrava di essere in un incubo. Che domande erano. 

Grazie a Dio lavoravo, altrimenti come avrei potuto pagare tutte le terapie.

All'epoca, essendo Diego molto piccolo, l'asl ce ne passò due alla settimana.

Ma non erano sufficienti.

Questo mi era chiaro.

Diego aveva bisogno di tanta logopedia.

Di tanta psicomotricità.

Aveva bisogno di imparare a fare tutto...lavarsi, vestirsi, mangiare.

La nostra vita e in particolare la mia e quella di Diego, diventò una gigantesca tabella di marcia.

La mattina asilo (cambiato con insegnante di sostegno) e due volte la settimana terapie anche al mattino, tutti i pomeriggi terapie (quando uscivo dal lavoro).

Tre pomeriggi logopedia, due psicomotricità e il sabato mattina TMA (terapia multisitemica in acqua).

Non ci fermavamo mai.

E quando avevo un momento libero la sera, leggevo e cercavo informazioni e cercavo UNA CURA.

Doveva esserci qualcosa...l'autismo era diventato il mio solo e unico interesse.

Parlavo solo di questo.

Ma intorno a noi già si stava creando un vuoto.

“I problemi sono di chi li ha”, così diceva mia nonna...ed aveva proprio ragione.

Iniziarono degli anni molto difficili, soprattutto per me, che avrei dovuto compiere un lungo cammino prima di arrivare a comprendere che non mi era capitata una disgrazia e che non c'era nessuna malattia da curare.

Mio figlio era nato perfetto solo che all'epoca, non riuscivo a vederlo per come realmente era...perfetto.

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