“Chi decide chi è normale? La normalità è un'invenzione di chi è privo di fantasia” Alda Merini
Quando è nato Diego, la prima cosa che ho pensato era che assomigliava alla luna piena.
Pesava quasi 4 kg (nonostante il cesareo fosse stato programmato prima del termine) aveva una marea dicapelli neri e due occhietti vispi che ti penetravano. Come ora del resto...
Da piccolo raramente teneva il contatto visivo ma quando lo faceva ti attraversava dentro.
Ho sempre pensato che nel suo modo essere x-man (da amanti dei fumetti ci definiamo una famiglia di
mutanti), avesse la capacità di leggere l'anima delle persone.
Per anni è sembrato perso in chissà quale mondo a me sconosciuto, eppure se stavo male arrivava e mi
fissava con quegli occhietti verdi penetranti e coglieva subito il mio stato d'animo.
La simbiosi tra me e lui è sempre stata molto forte e lo è ancora adesso che è diventato verbale.
Il compleanno è sempre stata una data particolare.
Con Viviana era motivo di gioia e di festa, ero contenta di vederla crescere e fin da piccola è stata una
trascinatrice, una showgirl con feste piene di amichetti, palloncini e colori.
Con Diego e lo scrivo con una certa vergogna, dal momento della diagnosi, il compleanno è diventato il
momento dei bilanci.
Tre anni la diagnosi...cosa ne sarà di lui?
Quattro anni ancora non parla...
Cinque anni...parlerà prima o poi?
Sei anni...inizia la scuola..sarà in grado?
E così via...
Mi sembrava che ogni compleanno lo avvicinasse sempre di più al momento in cui sarebbe stato in pasto al mondo...
Avevo paura.
Perchè finchè era piccolo potevo tenerlo protetto e al sicuro ma crescendo, avrebbe voluto avere la sua
libertà e non sapevo se sarebbe mai stato in grado di averla.
Avrei voluto congelare il tempo e fermarci così, solo io e lui.
In realtà non lo so neppure adesso come sarà il suo futuro, quello che è cambiato è stato il mio approccio.
Ho smesso di pensare all'autismo come ad una malattia o a qualcosa contro cui combattere.
Negli anni mi ha dimostrato di avere delle risorse e delle capacità di adattamento incredibili.
Molto più di chiunque altro. E piano piano, con grande fatica, ho iniziato a lasciarlo camminare da solo...e
sempre mi dimostra la volontà e la capacità di farcela.
Non so se a causa di queste emozioni che percepisce, o per quale strana congiunzione astrale, prima di ogni compleanno lui si ammala o va in profonda crisi.
Tutti gli anni.
Il 24 febbraio scorso ha compiuto dieci anni.
Una data importante.
Il pomeriggio precedente, come sempre gli stavo raccontanto qualche aneddoto sulla sua nascita.
Senza andare troppo nei particolare, perchè l'anno precedente (dopo aver sentito la spiegazione di come la
galline fanno le uova) si era fissato che dovessi fare un suo gemello e mi ha assillato per giorni, ogni volta che andavo in bagno urlando “mamma esci mio fratello dal sedere!!”.
Comunque...stavo raccontando più o meno questo:
“vedi Diego la mamma a quest'ora era in ospedale e non vedeva l'ora di conoscerti”
E lui mi ha fissato per un po' negli occhi (in modalità mutante)
“mamma io vorrei avere un orologio per tornare indietro nel tempo”
“perchè Diego?”
“per nascere NORMALE”
Non posso spiegare quello che ho provato in quel momento.
Un dolore forte, un senso di inadeguatezza.
Normale...noi non usiamo mai quella parola...
Cosa vuol dire normale?
Uguale agli altri, anonimo forse?
Di certo so, che a modo suo mi stava dicendo che aveva capito di avere qualcosa di diverso dagli altri.
Ho provato a sondare...
“perchè ti senti diverso dagli altri?”
“si ma non lo so spiegare”
In quel momento avrei voluto urlare contro il mondo ma mio figlio mi stava dando una delle più grandi lezioni di vita.
In una frase sola mi stava dicendo che si rendeva conto che c'erano delle cose diverse, lui ha la maestra di
sostegno e gli altri no, spesso quando parla non lo capiscono, mentre gli altri giocano lui gira per il cortile con il suo legnetto nella mano sinistra.
É consapevole.
Così, dopo averlo rassicurato come potevo (gli ho detto che per me lui era il bambino più perfetto del mondo e MAI, MAI avrei voluto che fosse diverso), al pensiero della pizza che avrebbe mangiato alla sera si è tranquillizzato. Lui.
Per me è stato decisamente diverso.
In questi anni ci sono state delle persone fondamentali nel nostro cammino.
Una di queste è la nostra super psicologa, Ombretta Veneziani.
Spesso abbiamo dei retaggi rispetto a queste professioni, molto arcaiche.
Anche io, all'inizio avevo quasi paura di parlare con questi professionisti...mi sentivo piccola davanti a loro. Ma Ombretta è sempre stata diversa.
Sembra essere uscita da un libro di Lewis Carroll, elegante ma stravagante. Ma soprattutto empatica e molto presente.
In questi anni, se ho avuto bisogno c'è sempre stata, dal giorno di Natale alle vacanze estive.
Non credo che tutti abbiano avuto questa fortuna, di trovare non solo una professionista molto preparata ma anche una persona umana, che capisce che dall'altra parte ci sono dei genitori che hanno bisogno di risposte e di essere aiutati nel loro cammino.
Con lei riesco sempre a parlare di tutto, a volte le scrivo anche per problematiche mie personali o semplicemente per parlare di un nuovo rossetto o un nuovo libro.
E trovo sempre una persona pronta ad ascoltarmi e a sorreggermi quando cado.
E così anche in questa situazione mi sono affidata a lei.
É giusto iniziare a spiegare anche a Diego le differenze tra le varie neurodiversità.
E devo farlo per il suo futuro, per la sua autonomia.
Sono sicura che Ombretta troverà la strada migliore insieme a Diego.
Questo è stato il mio regalo per mio figlio.
Il suo decimo compleanno ha stabilito il passaggio tra una visione dell'autismo protetta e quasi nascosta, ad un'altra completamente diversa. Ora lascerò Diego, libero di crescere e di capire...
Sarò sempre al suo fianco in questo percorso ma è giusto che impari a camminare anche senza la mia mano che lo tiene stretto a me.
Un giorno io non ci sarò più e lui deve essere in grado di cavarsela anche senza di me.
Questo vuol dire crescere...e non mi riferisco solo a mio figlio ma anche a me stessa.
Bisognerebbe cambiare il paradigma:non una minoranza di persone diverse da integrare , ma una moltitudine di persone , TUTTI, verso cui rivolgerci per arricchirci reciprocamente. Allora sì che il mondo invertirebbe la rotta, finalmente. L'insegnante di sostegno nel momento in cui entra in classe è UNA RISORSA PER TUTTI, la normativa lo dice bene. Fa solo danni se si affianca esplicitamenta a QUEL BAMBINO ratificando la sua diversità- L'aiuto CI DEVE ESSERE , ma DISTRIBUITO , o in gruppo e il bambino NON DEVE percepire che lui è BISOGNOSO più degli altri.. Una frase che hai detto mi ha fatto squillare il campanello....
Come al solito mi hai commosso...conosco il vostro percorso e capisco molto bene quello che provi, perché l’ho vissuto sulla mia pelle. Ma per fortuna nel nostro percorso abbiamo incontrato delle professioniste che ci hanno aiutato e ci hanno fatto capire che essere neurodiversi non è sempre così male!!!
A tutte le mamme che in questo momento si trovano davanti ad una diagnosi, o ancora peggio, si accorgono che c‘è qualcosa che non va nel vostro bambino, non abbiate paura di chiedere aiuto. Un intervento precoce nell’autismo è fondamentale, imparare le giuste tecniche e avere il giusto approccio vi porterà ad avere una vita per voi e il vostro bambino più serena.
Oggi quando parlo della diagnosi di mio figlio,…