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Immagine del redattoreSonia Salvatore

IL VIRUS HA MANGIATO LA MIA SCUOLA!

Il lockdown





Ricordo esattamente, prima ancora che iniziasse il lockdown, quella strana sensazione di smarrimento... come se stesse per accadere qualcosa.

I bambini erano a casa per le vacanze di carnevale e io stavo organizzando a Diego, la sua prima festa a tema dinosauri... ci tenevo moltissimo, perché non aveva mai potuto festeggiare con nessuno.


Non sapevo che da lì a poco, ci saremo ritrovati all’inferno.


Qualche giorno prima dell’annuncio della chiusura della scuola, stavo lavorando al computer e improvvisamente si staccò il ciondolo che portavo al collo. Avevo una piccola ampolla con dentro la mia frase preferita di Alice... "Quanto dura per sempre? A volte solo un secondo..."


Si è staccata ed è finita a terra... rotta in modo irrecuperabile.

Ho vissuto qual momento come un presagio di qualcosa di brutto e per giorni quella sensazione non mi ha abbandonato.

Quando è arrivata la conferma che i bambini non sarebbero tornati a scuola, ho capito che stava iniziando qualcosa di terribile di cui ancora non ci potevamo rendere conto.

Scuole chiuse e genitori al lavoro.


Io ero in lacrime alla scrivania... non sapevo come fare.


Ma già dai primi momenti, ognuno di noi, ogni persona, ha iniziato a chiudersi e a guardare i propri interessi: “I figli li hai voluti tu e te li piangi tu”.

Questo mi è stato buttato in faccia dai miei colleghi (che non avevano figli).


Perchè il problema è sempre e solo della MAMMA che lavora. Come se i figli fossero solo suoi.

Per qualche giorno, mi sono portata i bambini in ufficio, poi li ho lasciati un po' con mia madre... poi, sono rimasta a casa.

Dopo poche settimane avevamo capito che non sarebbe finita tanto in fretta...

Questo virus mi faceva tanta paura.


Io sono asmatica e già normalmente con la tosse non respiro...se lo avessi preso, sarei sopravvissuta? E se mi avessero portato via, chi si sarebbe occupato di Diego? E se lo avesse preso lui? Se me lo avessero portato via? Queste domande non mi facevano dormire.


Da subito mi sono barricata in casa con i bambini, Corrado ancora lavorava... e disinfettavo tutto.

Da lì a poco anche mio marito restò a casa.


Ho cercato di rimuovere quel malessere che ho vissuto e che abbiamo vissuto tutti...

Dopo il primo mese chiusi in casa, eravamo stufi di sfornare dolci e pizze... non sapevo più cosa inventarmi...

Quando arrivò la conferma che non si sarebbero più riaperte le scuole, iniziarono i veri problemi.

Eravamo tutti impreparati.

Scuole, servizi, datori di lavoro.

Qualcuno si è attivato subito... altri hanno aspettato, non si sa bene cosa... ma siamo rimasti in un limbo.


E i bambini come Diego?

Dimenticati.

E noi con loro.


Eravamo in 4 in casa ma ognuno di noi era chiuso nel suo mondo.

Viviana faceva la quinta elementare e passava le giornate al tablet cercando di seguire le video lezioni, perdendo l’attenzione dopo un minuto.

Non esternava niente. Non parlava.


Mio marito si chiudeva in stanza e lavorava in smart working. Si blindava dietro il lavoro.

E poi c’eravamo io e Diego. Da soli.

Da subito, mio figlio non ha accettato quella condizione. Rifiutava le video chiamate con la maestra. Non capiva. Si sentiva come se fosse colpa sua, come se le persone non lo volessero vedere.

Per lui ogni cosa ha il suo luogo: a scuola si fanno i compiti, a logopedia si fanno le terapie.

Casa è casa.

E mamma è solo mamma.


“Questo virus ha mangiato la mia scuola!” così mi diceva sempre... tutti spariti, compagni, amici... tutti.


Eppure proprio in quel periodo mamma Sonia, è dovuta diventare anche altro.

Maestra, terapista e altro.



Diego era regredito. Il mio cuore era in pezzi perché mai lo avrei creduto possibile.

Era tornato aggressivo. Mi ha massacrato di botte durante quei mesi (lo so a vederlo ora sembra impossibile). Pugni, graffi e morsi. Morsi ovunque. Avevo le braccia ricoperte di lividi neri.

Crisi esplosive di rabbia, dove lanciava di tutto e poi pianti, pianti disperati, perché dopo si rendeva conto ed era dispiaciuto.


Io ero disperata.

Non sapevo come gestire tutto e mi sentivo profondamente sola.

Eravamo soli, io e Diego.

Al lavoro non mi avevano nemmeno permesso di fare smartworking, solo io avevo avuto un trattamento diverso da tutti gli altri.

Non riuscivo a capire come non potesse interessare a nessuno, la sofferenza doppia che stavamo vivendo io e mio figlio.


Eppure non interessava proprio a nessuno.

Eravamo invisibili agli occhi di tutti.


Quando poi si aprì uno spiraglio, iniziammo a riprendere le terapie e Diego iniziò a stare meglio.

Era estate avanzata o forse già settembre non ricordo più...


Ricordo solo, che dopo una terapia da Valentina, ebbi io una bruttissima crisi.

In piedi, davanti ai miei figli sul pianerottolo, mi ritrovai ad urlare tutta la mia rabbia per quello che avevo affrontato da sola.


E avendo tenuto tutto dentro, lo stavo buttando fuori nel modo sbagliato.

Ero una furia... in lacrime, urlavo senza ritegno che ero ad un passo dal suicidio...

Ricordo solo gli occhi terrorizzati di mio figlio. Mio figlio che forse si sentiva colpevole... ed era colpa mia. Ma non ho potuto evitarlo.


Da lì, però è intervenuta la nostra psicologa e ha seguito non solo me, ma anche Corrado.

E da qual percorso finalmente anche Corrado ha iniziato ad avere un rapporto con Diego ed oggi sono molto legati. Quindi va bene così. La mia sofferenza è servita a qualcosa.


Il lockdown non ci ha reso migliori... ha solo scoperchiato il vaso di Pandora. Ha tirato fuori i lati oscuri. Alcuni di noi li hanno affrontati, altri li hanno nascosti ben bene sotto al letto.

Prima o poi verranno fuori.


Io quantomeno, ora conosco i miei limiti e so vedere il fondo quando lo raggiungo. Sto imparando a fermarmi l’attimo prima di affogare. Perché non voglio più arrivare a quei livelli.

Anche se so, che se oggi vedo le cose in un cero modo, è proprio perché ho attraversato l’inferno.

Ne sono uscita con tutti i vestiti e i capelli bruciati, strisciando sui gomiti... ma ne sono uscita.

Io e Diego, insieme per mano, possiamo andare ovunque.

Anche all’inferno e di ritorno.




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